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Il sangue da pagare e lo spillo da balia

  • Immagine del redattore: Nico Carrato
    Nico Carrato
  • 12 ott 2020
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 7 mag 2021


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Milano. Fine aprile 1945. Il corpo martoriato e sospeso di una donna (Claretta Petacci), insieme a quello del suo amante (Benito Mussolini), è esposto, penzoloni, nello stesso luogo - Piazzale Loreto - dove, nell'agosto del 1944, erano stati fucilati 15 uomini, morti per difendere la libertà.

Si è avverata la profezia dell'amante, già Capo del Fascismo («Il sangue di Piazzale Loreto lo pagheremo molto caro»).

Un cortocircuito di violenza ha generato l'orizzontalità di una morte ammucchiata e, ora, crocifissioni capovolte. Alla disumanità cruenta, bagnata dalle lacrime, non corrisponde, adesso, nessun compianto. Prima e dopo, la pietà non sembra trovare cittadinanza in quel luogo. Se non intervenisse qualcuno a farsi largo nella massa caotica, a seminare una speranza, non cristiana, ma civile.

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La gonna della donna, contro ogni legge fisica, resta aderente alle gambe. Una corda, visibile, l'attraversa in mezzo, e la cinge. Quella corda, a cui si aggrappa, estremo, il senso del pudore di un intero paese, sembra sia stata disposta dai pompieri intervenuti durante il macabro evento. A rinforzare, concretamente, l'attenzione già manifestata da una partigiana, prima ancora donna (Carla Voltolina): armata, non di fucile, ma di spillo da balia, ha stretto e avvolto quella gonna per proteggere, dagli sguardi dal basso, l'intima delicatezza femminile.

Da donna a donna, senza nomi e appartenenze ideologiche, con uno spillo che ha nel nome il fine di prendersi cura, unendo due lembi di stoffa, tiene in vita la coscienza di un paese lacerato.

Lo spillo da balia di Piazzale Loreto, senza più conti da saldare, è davvero caro.


 
 
 

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