Un regime e un cinema particolari
- Nico Carrato
- 21 mag 2020
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 9 ago 2020
Roma. 6 maggio 1938. Mattina. Un caseggiato sta per svuotarsi: c'è Hitler in visita nella capitale. Uomini e donne si preparano per riversarsi tra le strade.
Si entra in una di queste abitazioni. Un padre di famiglia in bagno, allo specchio: maglia intima, sguardo fiero e brillantina tra i capelli.
Stacco in soggiorno. La moglie dispone gli ultimi accorgimenti delle divise nere dei figli: insofferenza e pesantezza del vivere nello sguardo.
Il marito esce del bagno, pantaloni neri alla zuava, mani ancora umide di brillantina, se le pulisce sulla veste casalinga della moglie. Lei, risentita e reattiva, ironicamente lo invita ad approfittare anche per altre operazioni di pulizie.
Ormai poco attraente, riprende lui, offendendola, non merita che queste attenzioni.
Parole e gesti, ma nessuno sguardo tra i due.
Ma il Padre ne ha anche per il figlio colpevole di aver usato una parola straniera: è un errore da penna rossa, anzi nera. Tutto va italianizzato. Magari anche alcuni giornali introdotti in casa dal marito stesso e rinvenuti e sottolineati dal sarcasmo di una Moglie che a detta del compagno oggi non è particolarmente in forma.
Proprio oggi, una giornata particolare.
Si, una giornata in cui, in una casa, sono espresse tutte le storture di un regime: il pater familias, ipocrita dittatore domestico, il modello di donna - sposa e madre - obbligata a rispettare le liturgie casalinghe e la sterile politica autarchica (non solo) linguistica che si abbatte sulla espressività spontanea dell'infanzia, già mortificata da un colore senza luce.
Qualcuno, invece, pensava che lo spettacolo particolare fosse all'aperto...
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