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Stauffenberg: il saluto a metà

  • Immagine del redattore: Nico Carrato
    Nico Carrato
  • 7 dic 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 11 dic 2020

Appartenenza e riconoscimento nel gruppo sociale, richiesta di giuramento mascherato e testimonianza di fedeltà. Quanti messaggi si possono nascondere dietro un semplice saluto, chiaro in apparenza, all'occorrenza ambiguo strumento di verifica. Un braccio sollevato, a comporre un angolo di quasi 90 gradi rispetto al torso, e una parola urlata (Heil) non sgombrano il campo dalle contraddizioni; amplificate, esplodono ammantate dal tono di venerazione per il capo (Hitler).

Heil: salute, salvezza (a noi? a Lui?) per un'assenza da evocare come uno spirito guida.

Dalle masse fino a rapporti a due, si regola così, in ingresso e in uscita, lo spazio delle relazioni nell'area simbolica nazista.

Berlino. Cortile interno del quartier generale della Wehrmacht. Le unità militari di riserva possono ritornare al loro posto. Quella che a prima vista sembra la conclusione di una normale esercitazione di emergenza, semina incertezza tra gli ufficiali e i militari presenti.

E nella sede centrale dell'esercito territoriale il tono fermo del Comandante (Fromm) fuga ogni dubbio: è stata una prova per mettere in atto un piano per rovesciare il regime. I due strateghi, Generale (Olbricht) e Colonnello (Stauffenberg), ascoltano rigidi nella postura del corpo e imperturbabili negli sguardi, le parole di fuoco di un uomo più attento a preservare la sua autorità che a difendere le sorti del regime.

Quello stesso regime, per il quale, onorandolo in battaglia, il colonnello ha perso un occhio. Ora, invece, è disposto a rischiare la vita intera, pur di salvare il suo paese dalla morsa letale di un ideale in cui non si riconosce più. Davanti a lui, contraltare sacro, il Furher ritratto, illuminato da due lampade a muro votive, obbliga alla devozione di sempre.

Ancora una volta, per la salute di Hitler e della nazione, si aspettano comportamenti esemplari. Sin dal saluto con il quale adesso ci si congeda.

Preceduto da una pausa eloquente, scandito dalla battuta simultanea dei tacchi militari, in un braccio sollevato solo a metà si verifica la contraddizione, valida e potente, di un uomo segnato dalla sofferenza passata e dal disagio del presente.

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