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Quattro passi nella memoria

  • Immagine del redattore: Nico Carrato
    Nico Carrato
  • 27 gen 2021
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 7 mag 2021

Davvero carico questo magazzino di calzature dove si recuperano vecchi modelli appartenuti a uomini, donne e bambini, calpestati dalla brutalità umana.

Occorre allestire una vetrina al meglio degli esemplari peggiori rimasti.

Sceglierli da un insieme espressivo ammassato, quasi una figurazione dolente di una strage degli innocenti - dominante grigia e linee spezzate - resa per mezzo di quello che resta di ognuno. Una scarpa, tante scarpe. Per passi un tempo lenti, sostenuti, rapidi.

Al lavoro, con tuta bianca e mascherina, fantasmi dal presente, due assistenti, non alle vendite, ma alla memoria. Senza ripristinare la forma iniziale - non siamo in un museo della scarpa - preservano la deformità di ciascun modello, e della storia a cui appartengono.

Ancora vicini, ora pochi (less is more) e distinti, si riaccende timido qualche colore.

La memoria del quotidiano si attiva e diventa naturale sostare di fronte a questa vetrina:

modelli usati, spaiati, non inseguono nuovi clienti, ma passanti smemorati.

Dalle tante vetrine frantumate dai nazisti ad una ricomposta ad Auschwitz.

 
 
 

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