Leopardi, Ulisse e l'impronta paterna
- Nico Carrato
- 25 set 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Camera ferma, punto di vista dal basso e movimento a scoprire discendente.
Prima lo spazio, un soffitto decorato e incombente, poi le figure umane cinte dalle linee oblique di pareti cariche di libri.
Benvenuti a casa Leopardi, accomodatevi nella Biblioteca del Conte Monaldo, papà di Giacomo proprio ora impegnato, con il suo precettore Don Vincenzo Diotallevi, in una traduzione all'impronta, dal greco, del primo canto dell'Odissea. Appartengono a loro le voci che entrano nel campo sonoro, nel tempo che la camera impiega per stabilizzarsi poco sotto la linea del tavolo, dove le due figure, a mezzo busto, sostano di fronte.
Dietro, l'unica figura in movimento è quella del papà di Giacomo. Fa respirare l'immagine, aiuta a staccare le figure in primo piano dallo sfondo, ma appare come una presenza insidiosa, guardinga che non alleggerisce affatto la gravità data dalla collocazione spaziale. Di più, passi misurati, avanti e indietro, delimita questo spazio angusto: una vera e propria sentinella di un mondo-prigione, culturale e famigliare. Tutto il peso di questo mondo, magia del cinema, cala dall'alto e si deposita, gravato da anni di studio matto e disperato, sul corpo già scomposto di Giacomo: annuisce, occhi pensosi e apparentemente assenti, alla ricerca di una soluzione linguistica.
Con un'immediatezza e una freschezza espressiva, ecco la trovata sorprendente per l'orecchio del papà: colpito positivamente, sospende una lettura, pur trattenendosi dal manifestare sentimenti di orgoglio. Il precettore, invece, con uno sguardo quasi febbrile, esprime compiacimento e il desiderio di farsi sorprendere, ancora, dall'abilità profonda manifestata da Giacomo.
Ulisse battaglioso, lontano da Itaca e dai suoi Cari, rivive nelle nuove parole di Giacomo, intrappolato, al contrario, nella sua prigione domestica, circondato, braccato dai suoi Cari. Ma, laddove il corpo è già vecchio e in catene, la parola giovane e ribelle può permettersi, senza affanni, vittoriosa, di sfidare padri nobili di sangue e di lingua.
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