La divisa non fa il deportato
- Nico Carrato
- 8 nov 2021
- Tempo di lettura: 1 min
Tamburo a calice in legno rimanda grido scomposto e prepotente.
La sonorità morbida e bassa di uno strumento a fiato, a fatica, lo affianca.
Note spaiate di un timido spirito natalizio?
Subito deposta, non c'è rosso a confortare questa ipotesi.
L'arancio di giubbotti smanicati invita, invece, a procedere con cautela.
Un corteo reclama attenzione: l'esotico Halloween o il nostrano Carnevale?
Pettorine a righe, numeri identificativi e slogan.
Mancano gerarchi e croci uncinate, c'è il filo spinato itinerante.
Non un carro, ma un campo allegorico.
Prigionieri, deportati e già concentrati, sordida scia fumettistica.
Un lasciapassare verde li ha ridotti in schiavitù, non gli ha impedito, però, di indossare l'orrore in grigio e blu.
Saccheggiato il guardaroba esemplare e brutale della storia, abito liso da un pensiero informe per cui tutto è narrazione.
Sguarnito di senso tragico, riciclato sull'orizzonte angusto del presente.
Occhi belanti e distratti, tutto fin troppo sopra, nulla da leggere tra le righe.
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