La Belle Epoque. Amore figlio di mancanza
- Nico Carrato
- 12 giu 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 9 ago 2020
Immaginavo di tuffarmi nella Parigi del primo Novecento e invece mi ritrovo seduto tra i tavoli di un Bistrot fumoso di Lione, durante gli anni '70 del secolo scorso. Curioso, ascolto pochi secondi di una conversazione tra un uomo e una donna. Due sguardi aperti e veri e voci rese incerte dall'emozione.
E senza scomodare padri e discendenti della psicanalisi (Lacan) viene in mente il racconto sulle 'Cose d'Amore' di Socrate, dal Simposio di Platone, il quale, facendo appello ad una delle versioni del mito sulla nascita di Eros, afferma che venne concepito durante il banchetto per la nascita di Afrodite, grazie all'unione tra Poros (Via) e Penia (Povertà). Quest'ultima, una stracciona, era arrivata a banchetto quasi ultimato a mendicare alla tavola degli Dei. E mangia e beve gli avanzi rimasti. Nel frattempo Poros, semidio, appesantito da un pasto cosi generoso, cade in un sonno profondo, Penia ne approfitta e con lui giace.
E concepisce Eros.
Eros, Amore significa, quindi, (via d') Uscita da uno stato di Povertà (Penià).
E Amore, figlio della mancanza, conserva in eredità il tratto principale della madre: non possiede nulla. Ed è quello che da sempre porta in dote - la propria mancanza - pronto ad offrirlo solo a colui/lei in grado di svelarla. Senza nessuna logica di causa ed effetto capace di spiegare quello che semplicemente è, esiste, senza nessun finalismo, in un tempo, quello dell'Amore, che si declina sempre al presente.
Questo sembra stia accadendo al tavolo di due sconosciuti: le loro mani, alla fine, si cercano, si intrecciano e celebrano, nel contatto, non il possesso ma la mancanza, senza la quale non può nascere Amore.
La curiosità fa presto a diventare indiscrezione, e allora tolgo lo sguardo.
Incantato, ordino anch'io qualcosa da bere...
[La belle Epoque, N.Bedos 2019]
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