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Ha cucinato "Anche cose buone"

  • Immagine del redattore: Nico Carrato
    Nico Carrato
  • 6 gen 2021
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 7 mag 2021

Tutti a tavola!

(Pre)Parata dall'Ufficio marketing di un noto brand italiano di pasta, la ricetta "Anche cose buone" sottratta a un sedicente Chef con esperienza ventennale nell'italica cucina.


Ingredienti essenziali per uomini di poca ed esile Costituzione.

  1. Un filo di storytelling novecentesco in salsa fascista (guai a citarla!)

  2. Già trasversali a più brand, formati di pasta con curiosi diminutivi recuperati dalla toponomastica coloniale africana.

  3. Le parole collose e romanesche di Trilussa, forse capaci di mettere d'accordo tutti (La Politica)

  4. Una sinestesia azzardata, Sapore littorio, per avvicinare il gusto alla legnosità del fascio.

  5. Un tocco di inglese - Shell - per sprovincializzare il formato, e resistere cosi alla politica autarchica imposta dal regime alimentare.

La scelta degli ingredienti, troppi e senza amalgama, nasconde un'idea di partenza puerile e spregiudicata, ingenua più che maliziosa. Il piatto è carico e mal guarnito e la pasta, molle al morso, ne esce anonima e senza gloria.

E' stato forse dosato male l'ingrediente invisibile - Purché se ne parli (e mangi) - colpevole di appesantire una ricetta di un passato già indigeribile?

Invece di rovistare in una dispensa di ingredienti scaduti, e con nessuna proprietà nutritiva,

forse bastava rafforzare la certezza della provenienza attuale della sua materia prima.

Indicata, prima dell'innominabile formato, su ciascuna confezione di pasta, è un riferimento giusto e sano per una battaglia condotta dallo stesso brand, a tutela di un grano tutto italiano. Lontanissima da quella intrapresa dal cuoco ventennale che, spenti i fornelli, lasciato il mestolo, impugnava il manganello.

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