Eduardo e Totò: i senza cognome
- Nico Carrato
- 4 ago 2020
- Tempo di lettura: 2 min

L’espressione Avere un Nome ha la sua caratteristica principale nell’essere bifronte: da un lato agisce l’appartenenza famigliare, il passato e il suo peso, dall’altro, l’identità individuale radicata nel presente e in divenire. La possibile risonanza sociale può eventualmente oscillare tra questi due fronti, oscurandoli o illuminandoli, in parte o in tutto, in base agli eventi e ai cicli delle vite degli uomini. Sul nome e sulla ricerca dell’identità, si segnalano gli approcci tenuti da due artisti straordinari del secolo scorso, Eduardo De Filippo e Antonio De Curtis, entrambi figli illegittimi. Vite e carriere uniche, frutto di privazioni e di sofferenze, forti del carattere e del talento, al servizio del teatro e del cinema. Ebbene, ciascuno però rispetto al proprio nome ha avuto un percorso e una ricerca singolare. Totò per molti anni della sua vita, ostinatamente, ha condotto una battaglia legale, vinta, per appropriarsi di una discendenza illustre, tanto da arrivare a possedere un nome decorato da cognomi nobiliari che facevano sfoggio vicino all’umile Totò: di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis Principe di Bisanzio. Elenco smisurato che l’uomo, non l’attore, ostentava in maniera puntigliosa fino a farsi apporre, su ciascuna anta del suo armadio di casa, dieci stemmi quanti erano i casati cui riteneva di appartenere legittimamente. La ricerca di Eduardo si presenta diversa e un aneddoto, pochi anni prima che morisse, ben lo rappresenta. Roma, 1981, al Senato, Il presidente Pertini lo ha da poco nominato senatore a vita. L’assemblea lo celebra, lodi e complimenti meritati si sollevano. Eppure, di fronte al coro festante “SE-NA-TO-RE!” , seguito da un tripudio di applausi, Eduardo ringrazia aggiungendo un’ulteriore richiesta: “Non chiamatemi Senatore, ci ho messo una vita per diventare Eduardo“. Non è la svalutazione di una nomina, una mancanza di rispetto per le istituzioni, ma la difesa umile di un’identità costruita attraverso un percorso faticoso, in cui appropriarsi del proprio nome significa diventare pienamente se stesso, senza bisogno di aggiungere appellativi e titoli professionali e onorifici. Al netto di due ricerche identitarie orientate in senso opposto – esteriore, interiore,– per entrambi possiamo banalmente affermare Basta solo il nome - Totò ed Eduardo -, laddove la mancanza del cognome (Totò non se ne dispiaccia!), non è più un difetto, per loro già figli illegittimi (non o tardivamente riconosciuti) ma l’affermazione piena di un nome unico, forte di un potenziale ri-conoscitivo, di vita e di arte, inconfondibile, non sovrapponibile ad altre identità. #totó #eduardo
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